Alle 7 di mattina del primo fine settimana di settembre, diversamente da quello che ci si può aspettare durante il resto dell’anno, gli ingressi del parco di Monza sono già pieni. Tutt’intorno a me ci sono migliaia e migliaia di persone in attesa di entrare nell’autodromo per vedere sfrecciare le vetture più veloci del pianeta. Solo ventidue circuiti in tutto il mondo hanno l’onore di ospitare un gran premio del campionato di Formula Uno e Monza è uno di questi. Costruito in soli 100 giorni nel 1922 come pista test per le autovetture Fiat, ha iniziato sin dai primi anni ad ospitare numerose competizioni di tutte le categorie, sia su quattro che su due ruote, portando in diverse occasioni numerosissimi tifosi in Brianza. Il layout, oggi costituito da 11 curve e tre lunghi rettilinei, permette alle vetture di raggiungere una velocità media di 264km/h, unica nel suo genere, e garantisce in ogni gara grande spettacolo grazie ai numerosi tratti favorevoli al sorpasso. Tuttavia, non è sempre stato così: al momento della costruzione, all’iconico anello dotato di due curve sopraelevate venne affiancato un tratto di circuito più tecnico, che mettesse in risalto le abilità tecniche dei piloti e le caratteristiche delle vetture. I 10km di pista, tuttavia, vennero rivisti e modificati più volte fino al 1961 per motivi sia di sicurezza che puramente tecnici; successivamente venne presa la rivoluzionaria decisione di terminare l’uso dell’anello nelle corse automobilistiche, tanto affascinante quanto pericoloso. La storia parlava chiaro: nel 1928, l’uscita di pista di Materassi portò la sua monoposto a volare sopra le tribune provocando 27 morti; nel ‘33 ben tre piloti persero la vita per una macchia d’olio presente sull’asfalto, e altri incidenti portarono alla morte di giovani piloti di tutto il mondo. La pista divenne allora più corta, 5793m per l’esattezza, e nonostante modifiche minori come quello alla prima variante, mantenne sempre la stessa filosofia. C’è da dire però che, nonostante per gli appassionati di motori l’autodromo sia una risorsa impagabile, ad oggi non è tutto rose e fiori. L’inquinamento sia acustico che ambientale è ben evidente ed è da parecchi anni che alcuni gruppi di attivisti ecologisti propongono lo smantellamento della struttura a favore della costruzione di un velodromo. Ad oggi il dibattito è ancora acceso e la stessa dirigenza dell’autodromo sta pensando a come tenere il passo con un’economia globale che va sempre più verso un piano ad emissioni zero, presentando regolarmente nuove proposte e piani per il futuro, pur di mantenere attiva la struttura. Si sa, le parole natura e autodromo sono già di per sé contrastanti ma è da ormai più di un secolo che il parco fa da cornice al circuito ed è proprio per questo che Monza viene considerata una delle piste più spettacolari al mondo. I due sembrano completarsi a vicenda: la natura rende lo sfrecciare tra i cordoli dell’autodromo un’esperienza magica, non replicabile in nessun’altra parte del mondo e allo stesso tempo l’autodromo è un valore aggiunto per il parco. Chiudere l’Autodromo di Monza non vorrebbe solo dire mettere uno stop a competizioni uniche nel loro genere come il Gran Premio o il celebre rally, corso sia sull’asfalto del tracciato che tra le vie del parco; demolire l’Autodromo di Monza vorrebbe dire salutare per sempre una fonte di divertimento che permette a centinaia di migliaia di persone di perseguire e realizzare i loro sogni, dire addio a un vero e proprio pezzo di storia, privare la stessa Italia di uno dei suoi biglietti da visita più celebri. Demolire l’Autodromo di Monza sarebbe un reato, contro i tifosi, contro i brianzoli, contro la gente.

SITOGRAFIA E BIBLIOGRAFIA:

Homepage 6-23

“Il Cicerone di Monza” 1996 Edizioni Cadorin Paolo

Tesi sul parco di Monza professor Cesana

Realizzato da Colombo Francesca, Miolo Elena e Toppio Tommaso

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