Ci sono poche certezze nella vita di un giovane italiano, tra queste c’è di sicuro il pranzo domenicale dalla nonna. Nonostante questa tradizione sia comune in tutta la penisola, da nord a sud e da est a ovest, non esiste un’unica pietanza della domenica, ma varia da regione in regione, da provincia a provincia, da città in città e da casa a casa. 

Qua in Brianza le nostre nonne ci propongo diverse prelibatezze, tra cui un bel piatto di trippa, se il giorno prima sono state così fortunate da trovare le interiora di suino dal macellaio o al mercato di paese. Oppure possiamo trovare in tavola un piatto fumante di risotto alla monzese, che grazie alla compartecipazione del profumo dello zafferano e la morbidezza della luganega saltata in padella rende anche un giorno di pioggia un po’ meno grigio. Ma la vera regina della cucina brianzola è una, ed è la Cassœula. 

Che cos’è?

Tendenzialmente oggigiorno si inseriscono all’interno della Cassœula ingredienti quali le costine e delle piccole salsicce, i verzini, che rendono il tutto molto ricco e saporito; non bisogna però dimenticare che questo è nato come un piatto estremamente povero, come la maggior parte dei piatti della tradizione, difatti la protagonista indiscussa è la verza, verdura estremamente comune in Brianza, che in passato veniva arricchita dai tagli di carne più poveri, quali i piedini, il musetto e la cotenna del suino. 

Leggende o realtà?

Essendo così importante per la tradizione brianzola, vi sono diverse leggende popolari che ruotano attorno alla sua origine ed etimologia. In molti sostengono questo piatto sia stato pensato durante la dominazione da un soldato occupante spagnola a Milano, che fu accecato dall’amore per una cuoca, la quale non sapendo cosa offrire agli ospiti chiese aiuto all’iberico. Egli, quindi, le propose di utilizzare gli scarti del suino e le verdure dell’orto col fine di ideare un piatto semplice ma gustoso, che infatti piacque molto ai commensali. Si suppone che il piatto abbia preso il nome o del cucchiaio con cui la cuoca mescolava con dedizione la pietanza, all’epoca denominato cassoeu, oppure dalla pentola in cui il tutto veniva cucinato, la casseruola. 

Il mistero non è, però, risolto. Infatti esiste una seconda ipotesi riguardo all’origine di questo piatto, difatti molti brianzoli sostengono che i veri autori della Cassoeula fossero i muratori dei cantieri edili, i quali, una volta arrivata l’ora di pranzo, si sfamavano con queste verdure e i tagli di suino preparati grazie all’utilizzo della cazzuola. 

Tradizione

La tradizione associa questo piatto a Sant’Antonio Abbate, il protettore degli animali domestici, difatti nell’iconografia cristiana viene sempre affiancato da suini. Egli viene celebrato il 17 Gennaio, giorno in cui la Chiesa benedice gli animali; tale giorno cade anche però nel periodo di raccolta delle verze; a causa di questa correlazione tra gli ingredienti principali e il santo, i due vengono correlati. 

La Cassœula, come tutti i piatti italiani, non è per noi brianzoli solamente un cibo che ci serve per saziarci, ma è molto di più, è un pretesto per poter passare tempo con le nostre famiglie, stare a tavola ad ascoltare le storie di vita dei nostri nonni ed è uno dei tanti escamotage per riscoprire le nostre radici. 

Autori originali: Honisch-Maggioni 5^DS

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